Pubblichiamo qui di seguito un pezzo bellissimo che parla di noi, ma anche di quanti si trovano ad affrontare la vita dei caregiver.
Il pezzo è opera di Silvia de Carli, per la rubrica “Dire, fare, baciare.
Parole e azioni attorno a educazione, scuola e famiglia” e pubblicato su Vita (numero 7, del 19 settembre 2023).
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Cent’anni di solitudine
Di Anna mi colpisce il tono pacato, di una denuncia caparbia ma mai urlata. Colpisce che lei a un certo punto dica: «Sto pensando a quale sia la via per non danneggiare i bambini di Piacenza, ma nemmeno me stessa e mia figlia Agata. Mi spiace tantissimo per quegli alunni, ho parlato con la dirigente, vorrei si potesse fare in modo che l’insegnante che mi sostituirà sia la stessa per l’intero anno scolastico». I diritti dei bambini Anna li ha bene in mente. D’altra parte però non può nemmeno rinunciare ai diritti di sua figlia Agata, che ha 11 anni e mezzo e una disabilità motoria conseguente a una paralisi cerebrale.
Agata, con il suo «sono stanca di essere presa in braccio», è l’ispiratrice dell’associazione “Le passeggiate di Agata”, che a Ferrara lavora per l’accessibilità di strade, parchi, negozi… Anna Baldoni, sua mamma, ha appena scritto una lettera aperta al ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, per porgli alcune «domande non retoriche»: perché «chi conosce la scuola considera quello che mi è accaduto del tutto normale e non crede possibile un cambiamento, ma chi la scuola non la conosce stenta a crederci» (ne ha scritto il quotidiano online l’Estense).
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Anna ha 48 anni, due diplomi, una laurea, un master, un dottorato in materie pedagogiche. È stata a lungo responsabile del settore anziani di una grande cooperativa emiliana, anche dopo la nascita di Agata. Ha scelto la scuola nel bel mezzo del Covid, quando ha capito che voleva e doveva reinventarsi professionalmente per conciliare il lavoro e il suo essere caregiver.
Ha studiato, ha superato un concorso, ha fatto supplenze e nel frattempo è stata anche assegnista di ricerca per due anni all’università. Il 24 luglio finalmente è arrivato l’incarico a tempo indeterminato, su una scuola primaria di Piacenza. Anna però vive a Ferrara. Sono 200 km di distanza: 2h e 24 minuti per arrivare all’uscita dell’autostrada in auto, oltre tre ore in treno. Impossibile andare in classe, con una ragazzina che «ogni mattina ed ogni sera necessita di fare allungamento, di essere vestita e svestita, spostata nella seduta del bagno e poi sulla carrozzina e poi via via così, durante il giorno accompagnata, con la nostra unica auto attrezzata per far salire la sua carrozzina elettrica, a terapie, attività sportive». Impossibile però anche rinunciare a un incarico a tempo indeterminato nella scuola, che è l’obiettivo per cui Anna si è impegnata.
La beffa? Il 3 settembre ad Anna è arrivata anche un’altra proposta di incarico: un anno intero come supplente in un liceo di Ferrara, «un sogno» per lei. «Fino all’anno scorso avrei potuto chiedere un’aspettativa a Piacenza e lavorare a Ferrara, gestendo lavoro e famiglia», spiega Anna. «Invece dopo l’entrata in vigore del decreto 138/23 durante l’anno di prova un docente neoassunto non può chiedere l’assegnazione provvisoria. Io capisco la ratio di questa cosa, dal punto di vista delle norme e della burocrazia è tutto corretto… ma nei fatti la situazione è assurda», dice.
Chiedo ad Anna perché la legge 104 non sia abbastanza per tutelare lei e Agata: «È una domanda a cui non so rispondere. In tutta sincerità immaginavo che fra il 24 luglio e il 1° settembre c’era tutto il tempo per trovare una soluzione. Vorrei capire proprio questo dal ministro Valditara, se esiste una soluzione. Perché io desidero lavorare e desidero poter seguire mia figlia».
«Vorrei capire proprio questo dal ministro, se esiste una soluzione. Perché io voglio lavorare e voglio poter seguire mia figlia. Ci metto la faccia perché spero che nel mondo del lavoro si cominci a parlare di più dei caregiver, che si esplicitino le difficoltà che incontrano le famiglie con un figlio con disabilità»
Anna Baldoni
Ad oggi Anna vede una sola possibilità: «Utilizzare per tutto l’anno scolastico i permessi a cui posso accedere in quanto genitore di una bambina con disabilità, prendendo la cattedra ma non andando a scuola. Permessi che in questi undici anni io e mio marito abbiamo letteralmente centellinato perché sappiamo già che ci sarà bisogno in futuro di seguire Agata in tante occasioni, anche dal punto di vista sanitario. D’altronde in questa circostanza io di quei permessi ho necessità, se andassi a Piacenza non potrei assolvere ai miei doveri di genitore caregiver. Poi l’anno prossimo potrò fare richiesta di assegnazione provvisoria su Ferrara. L’alternativa? Ne vedo una sola, chiedere un’aspettativa non retribuita alla dirigente – che però può anche non concedermela – e cercare un altro lavoro qui a Ferrara, al di fuori della scuola, in modo da non “bruciarmi” tutti i permessi della 104».
Metterci la faccia ha sempre un costo. Chiedo ad Anna perché lo faccia. Mi risponde che la sua speranza «è proprio quella che si parli dei caregiver, che nel mondo del lavoro si esplicitino le difficoltà che incontrano le famiglie con un figlio con disabilità, perché anch’io sono stata single e senza problemi e so benissimo che finché non ci si ritrova, questa resta una dimensione sconosciuta. Vorrei dare un piccolo contributo perché questo sistema possa cambiare, io penso che si possa trovare una soluzione, inserendo dei piccoli aggiustamenti. So bene che il mondo della scuola è pieno di lavoratori che ha macinato chilometri per anni, prima riuscire ad essere stabilizzati e ottenere un trasferimento vicino a casa, non voglio fare né la vittima né l’eroina, ma è anche vero che oggi la situazione della scuola è diversa rispetto a qualche anno fa, tante scuole oggi non trovano persone specializzate e utilizzano le Mad a piene mani, mandando in classe persone che non sono preparate per insegnare».
L’impatto della disabilità sull’ecosistema familiare
«Speriamo che da questi dati si crei un dibattito su che cosa deve comportare oggi l’occuparsi di famiglie dove c’è una disabilità, come ripensare i servizi, come aumentare la sensibilità sui luoghi di lavoro… Questa fotografia dell’impatto dice chiaramente che oggi è necessario iniziare a pensare nuove forme di supporto alla genitorialità quando c’è un figlio con disabilità» Fabrizio Serra, Paideia
«Di solito ci resta solo una possibilità, quella di trasformarci in infermieri dei nostri figli. Ma quello non è più essere coppia o essere genitori: rifondare il proprio patto coniugale d’altronde è complicatissimo. Nell’universo della disabilità i genitori sono i più abbandonati di tutti, non abbiamo nulla a cui aggrapparci» Maria Grazia Fiore